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Ritornando in Giappone…

In queste ultime settimane, giustamente, l’attenzione mondiale è catalizzata sulla Cina, dove si è sviluppato il coronavirus che sta facendo preoccupare tutto il mondo. Come possiamo vedere nei TG, la situazione in questo Paese è molto seria e credo sia normale interessarsi di quello che stanno facendo i vari Stati per proteggersi ed evitarne la diffusione sul proprio territorio.

Casualmente questo problema è “esploso” nelle ultime settimane, proprio mentre io mi trovato in Italia per lavoro ed avevo lasciato mia moglie e mia figlia a casa a Tokyo.

Personalmente, leggendo le statistiche del contagio e gli aggiornamenti, non mi sono mai sentito particolarmente preoccupato, però si sa, avere la propria famiglia a 10,000 Km di distanza non è proprio il massimo.. “Meglio essere sicuri” pensavo…

Per questo motivo, quando telefonavo a mia moglie, le domandavo com’era la situazione in Giappone, per tenermi aggiornato, raccontandole ovviamente, un po’ per volta, del panico che si stava creando in Italia. A questo punto le parti si sono invertite ed è stata lei ad iniziare a preoccuparsi per noi Italiani… “honto ni Italia daijyobu? – Veramente va tutto bene in Italia?” mi domandava tutta seria…

Mi spiegava infatti che il Governo Giapponese si era adoperato per intensificare i controlli aeroportuali per evitare l’ingresso di persone contagiate, ricordando costantemente a tutti (tramite i programmi televisivi) le norme igieniche di base e dando istruzioni su come comportarsi in caso di febbre o sintomi ricollegabili al virus.

Arriva così il 31 Gennaio, giorno in cui devo ripartire per Tokyo, felice di rivedere la mia famiglia, ma anche molto curioso di vedere con i miei occhi il sistema di controllo applicato in quello che è uno dei dei Paesi più sviluppati al mondo, famoso per la sua organizzazione e la pulizia.

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In aereo, poco prima di atterrare, veniva comunicato dagli assistenti di volo a tutti i passeggeri, di recarsi al controllo sanitario nel caso di sintomi come febbre.

Una volta giunto a Narita e sceso dal mezzo, mi sono incamminato in direzione del controllo passaporti e la prima cosa che ho notato è stato il gran numero di persone dello staff intento a fare un primo controllo visivo dei passeggeri in arrivo e comunicare informazioni relative ai sistemi di controllo.

Prima di accedere poi alla sala della dogana, sono giunto al “gate” del controllo sanitario, allestito con sistemi in grado di individuare persone con temperatura corporea più alta della norma (devo dire che in Giappone non si tratta di una novità. Questo sistema infatti è attivo e funziona da anni, mentre se non erro, a Malpensa è appena stato installato, mentre Fiumicino arriverà a breve..), con molto personale addetto a mansioni differenti.

I primi, posizionati a una ventina di metri dal gate con cartelli recanti le istruzioni da seguire nel caso non ci si sentisse troppo bene, seguiti da un altro gruppo addetto ad individuare passeggeri “a rischio” (da dirottare verso un’altra stanza), ed infine gli addetti alle telecamere con rilevamento della temperatura.

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Naturalmente, per i voli considerati a rischio, è stato allestito un percorso a parte, così da controllare i passeggeri in maniera ancora più scrupolosa.

Grazie a queste procedure, pochi giorni fa sono stati individuati alcuni passeggeri di nazionalità cinese che sono risultati positivi al virus. È stato quindi negato loro l’ingresso nel Paese ed applicato il regime di quarantena.

Devo dire che una volta completate tutte le procedure aeroportuali ed incamminato verso casa, mi sono sentito ulteriormente tranquillizzato.

Quello che ho percepito è il fatto che il problema non viene assolutamente sottovalutato, ma al contrario si è intervenuti con azioni atte a proteggere la popolazione da possibili casi di contagio.

Anche nella vita di tutti i giorni, si cerca di tenere la popolazione aggiornata e informata su come comportarsi; addirittura nel corso della settimana scorsa, nell’asilo di mia figlia, noi genitori siamo stati convocati per una riunione generale, durante la quale ci sono state mostrate tutte le norme igieniche applicate all’interno dell’istituto, dandoci anche delle direttive a cui attenerci nel caso in cui uno dei bambini non dovesse sentirsi bene.

Tutta questa organizzazione mi ha molto rassicurato e sono molto contento di abitare in un Paese in grado di gestire così un’emergenza mondiale come questa.

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