
13 Lug Potosí
Un viaggio in Sudamerica è una fonte inesauribile di sorprese.
Chiedete a 100 persone dov’è Potosì, e sono certo che ben poche sapranno rispondervi. Probabilmente non azzeccheranno neppure il continente.
E voi lo sapete?
Eppure per quasi 200 anni Potosì, nel sud della Bolivia, fu la più grande città del Sud America, con oltre 200.000 abitanti, più numerosi che quelli di Madrid o Londra.
Dopo la sua fondazione nel 1545, crebbe velocemente, perché vi era stata scoperta la più grande miniera di argento del mondo, nella montagna che domina la città, il Cerro Rico (Montagna Ricca, 4.800 m). Che a forza di scavare, nel corso dei secoli, si è abbassato di quasi 200 metri. Immaginate che da quando si iniziò l’estrazione, Potosì permise in breve di triplicare la produzione mondiale dell’argento.
Qualcuno dice che solo il 50-60% dell’argento del Cerro Rico sia arrivato a destinazione in Spagna: i banditi assaltavano le carovane che lo trasportavano dalla Bolivia ad Arica in Cile, per poi proseguire per Panama e verso l’Europa. Poi le tempeste ed i corsari se ne prendevano un’altra parte. E infine anche funzionari e rappresentanti locali che difficilmente brillavano per onestà, nascondevano e contrabbandavano quantità variabili per sé stessi.
La vita a Potosì è sempre stata molto dura: per la quota, circa 4.100 metri s.l.m., e le miniere sono altri 200-400 metri più in alto; per il freddo intenso, per la scarsezza di vegetazione ed acqua.
Naturalmente i veri artefici dell’estrazione erano i poveri minatori di origine indigena Incas e Colla, che lavoravano fino a 20 ore al giorno per la sola paga di essere mantenuti in vita. Molte migliaia morirono, oltre che per gli stenti e gli incidenti, anche per l’avvelenamento da mercurio, utilizzato per amalgamare il minerale d’argento.
Oggi, di quelle ricchezze e di quella opulenza (per pochi) sono rimasti solo il ricordo storico ed i fantasmi. Ci sono ancora alcune parti di miniera in attività, ma l’argento ormai non c’è più. Si estraggono piccole quantità di oro e argento, ma soprattutto stagno, e i minatori hanno spesso piccole cooperative sfruttate da potenti multinazionali.
La Casa Nacional de Moneda de Bolivia: zecca di Stato, ora Museo
Ma allora, perché visitare Potosì durante un viaggio in Bolivia o una vacanza in Sudamerica? Perché vi emozionerete (come è successo a me) camminando per le anguste stradine della città, con i suoi palazzotti coloniali e le sue chiese.
E l’emozione sarà più intensa se avrete letto prima un po’ di storia della zona, o meglio ancora se deciderete di visitare una delle miniere. Consiglio di farlo, magari solo ai livelli superiori, quelli più facili.
Qui potrete incontrare il simulacro del “tio” (lo zio), che simboleggia il diavolo, o simile divinità degli inferi, che bisogna ingraziarsi prima di lavorare, con regali di tutti i tipi (sigarette, alcol, foglie di coca, etc.), per non avere incidenti in miniera.
Prima di entrare nella miniera che visiterete, non abbiate timore ad entrare in uno dei numerosi negozietti nel settore alto e popolare della città: qui troverete, fra galline e bambini scalzi, sacchi colmi di foglie di coca e bottiglie di plastica di alcol puro, ambedue usati dai minatori per non sentire la fame.
Ma soprattutto scaffali pieni di candelotti di dinamite. Potrete acquistarne qualcuno e regalarlo ai minatori, che lo accetteranno con piacere: anche la dinamite costa.
Un negozietto con i candelotti di dinamite…