
08 Dic MARADONA
Non si può andare in Argentina senza rimanere affascinati e coinvolti dalla figura di Diego Armando Maradona. Anche chi non ama il calcio (e non è il mio caso, a me PIACE) non può farne a meno.
Per l’Argentina “el Diego“ (come affettuosamente lo chiamano laggiù) non è stato solo un mitico personaggio sportivo, ma anche la manifestazione di esistenza ed eccellenza del suo Paese.
Si dice che in alcune parti del mondo sanno che esiste un paese chiamato Argentina solo attraverso la fama di Maradona, incarnazione della semplicità e della generosità di un popolo capace di sedurre il mondo con un sorriso, con la voglia di far festa, di “pasarla bien”, un loro modo di dire decisamente illuminante.

Maradona e Pelé (intervista El Grafico, Wikimedia CCO)
Nel suo Paese, l’immagine di Diego era (e sarà ancora più) dappertutto: nelle vetrine dei negozi, nei giornali e riviste, in televisione, nei giocattoli e su prodotti di vario genere; e poi in migliaia e migliaia di “murales” di tutte le dimensioni e in tutte le città e piccoli centri, dalle cascate di Iguazù alla Patagonia. Persino sulla pelle di molte persone sotto forma di tatuaggio.
Nei negozi di articoli sportivi almeno il 50% delle magliette in vendita portano il numero 10 e il suo nome.
Ho visto i suoi mitici goal all’Inghilterra, nel mondiale dell’86, almeno qualche centinaio di volte. E mi emozionano sempre.
Non ho mai avuto occasione di incontrarlo personalmente, ma nel mio piccolo di assiduo frequentatore del suo Paese, vorrei raccontare qualche piccolo aneddoto “maradoniano”.
Dopo tanti anni di convivenza, Diego sposò Claudia Rosana Villafañe a Buenos Aires, il 7 di Novembre del 1989. Il banchetto nuziale si tenne la sera al Luna Park, un grande impianto destinato a eventi sportivi e concerti nel centro della città. Diego aveva noleggiato un Boeing 747 di Aerolìneas Argentinas per portare dall’Europa una parte dei 1000 invitati: tra questi spiccavano gli amici calciatori Careca, Zola, Caniggia e Valdano, l’allora direttore sportivo del Napoli Luciano Moggi, Franco Califano e Fausto Leali, i giornalisti Gianni Minà e Marino Bartoletti.
Io mi trovavo in Argentina, e proprio quella sera stavo andando a un concerto di rock in un piccolo teatro a due passi dal Luna Park; ricordo che dovetti mostrare il biglietto di ingresso per poter superare gli imponenti sbarramenti che la polizia aveva predisposto tutto intorno alla zona.
Anche il mitico musicista Luis Alberto Spinetta quella sera citò il matrimonio e fece gli auguri all’amico durante il concerto.
Quando all’inizio del 1998 mi divertii ad organizzare e accompagnare il viaggio in Argentina e Cile dei Turisti per Caso, con Francesco Guccini e Giorgio Comaschi, molto tempo prima di partire, e poi nei giorni passati a Buenos Aires, mettemmo insieme tutti i loro e miei contatti per riuscire a intervistare el Pibe de Oro; purtroppo non ci riuscimmo, ma Patrizio e Giorgio andarono a visitare la casa natale di Diego a Villa Fiorito, un piccolo e popolare quartiere del Gran Buenos Aires, pochi km ma più di un’ora di auto a sud del centro.

Antonio from Mijas, España, CC BY-SA 2.0, Wikimedia Commons
Proprio in questi giorni, Patrizio mi ha raccontato che nella misera baracca dove Diego aveva vissuto tutta la sua infanzia, con 7 fratelli e i genitori, si era installato un vecchietto che sosteneva di aver visto molte volte quel bambino palleggiare per ore con un limone.
Syusy Blady, invece, lo incontrò 7 anni dopo, nel 2005, nella trasmissione “Ballando con le Stelle”, durante la quale Maradona era il suo caposquadra; mi ha raccontato che Diego dimostrava grandi doti nel creare un forte spirito di squadra, e che si complimentò con lei per un’ottima esibizione di Tango, di cui Syusy è molto appassionata.
E infine, nell’Aprile del 2004 Diego fu ricoverato per alcuni giorni, per una crisi cardiaca (triste presagio), in una clinica del centro di Buenos Aires a un isolato dal mio albergo: ricordo bene la folla di fotografi e tifosi che per tutto il giorno e la notte sostava sotto la finestra della sua camera, in attesa che almeno si affacciasse, per poterlo vedere e salutare. Anch’io mi fermai qualche volta, ma non ebbi mai modo di vederlo, mentre mi capitò di sentire più di una volta, dalla camera del mio hotel, scroscianti applausi: el Diego si era finalmente mostrato.
Chi si trova nella capitale argentina potrà incontrare notizie, immagini e cimeli originali del Pibe de Oro nei musei delle due squadre di Buenos Aires nelle quali Diego è cresciuto, l’Argentinos Juniors, nello stadio che già da anni porta il suo nome, e nella “Bombonera”, lo stadio del Boca Juniors, dove ha giocato nel 1981-82, e poi le sue ultime partite ufficiali, nel 1997.