
27 Mag Il mare che preferiresti non vedere
È tardo pomeriggio. Mi trovo con la mia fidata monopinna lungo l’house reef di Moofushi, Atollo di Ari Sud, Maldive. Pratico quello che io chiamo “snorkeling profondo“: discese esplorative alla base del reef e lunghe apnee orizzontali a mezz’acqua, nella speranza d’incrociare qualche grosso pinnuto.
Scorgo da lontano una tartaruga che nuota in modo strano, non distante dal reef. Avvicinandomi, mi rendo conto che è impigliata in una rete da pesca. È aggrovigliata malamente, ma appena provo a raggiungerla riesce disperatamente ad accelerare e allontanarsi. Dopo qualche tentativo a vuoto, finalmente l’agguanto, perché voglio capire com’è la situazione. Che, dopo una veloce occhiata, si rivela davvero pessima: una zampa è quasi recisa dai robusti fili della rete. La tartaruga, una carettacaretta, è in preda al panico, ha paura di me e cerca di liberarsi sbattendo le pinne. Perde molto sangue.
Scatta il piano A: la porto a riva, dove potrà essere curata (sull’isola c’è un medico, che può tentare di ricucire l’arto). La tartaruga tira verso il largo, io provo a invertire la rotta, ma niente, l’animale, anche se ferito e impigliato, è grosso e tira come un ossesso con la forza della disperazione: devo desistere, non ci schiodiamo di lì, non c’è verso. A insistere, ammesso di riuscire a stancare la tartaruga, temo di farla morire per lo sforzo (non so se valga anche per i rettili marini, ma i pesci, per esempio, una volta presi all’amo, anche se poi rilasciati, spesso muoiono per lo sforzo immane di liberarsi dalla lenza).
Allora passo al piano B: provo a liberarla lì. Ma è un’impresa: non ho il coltello, l’animale è grosso, si dibatte, mi colpisce con le zampe libere e la rete è ingarbugliata. Faccio progressi lentissimi, ma liberare la zampa semi-amputata è un’impresa. Si fa tardi, il sole sta tramontando, la corrente ci ha portato in mare aperto e mi trovo con una tartaruga sanguinante in profonde acque popolate da squali tigre e longimanus: situazione da manuale per un attacco da parte di uno squalo; praticamente tutto-quello-che-dovresti-evitare.
Decido a malincuore di passare al piano C: torno a riva a cercare aiuto. È oltre un miglio da fare a nuoto: lo percorro il più rapidamente possibile, esco come un pazzo dall’acqua, corro al diving, spiego brevemente la situazione e dopo 3′ siamo già in barca, alla ricerca della tartaruga. La luce però e poca e l’onda corta e nervosa disturba la ricerca. Andiamo avanti e indietro infruttuosamente per un po’, finché c’è un barlume di visibilità. Poi torniamo al centro diving, sconfitti.
Se vedete spezzoni di rete, o di palamiti galleggianti, sacchetti e robaccia simile, beh, prendeteli: qualche animale marino ve ne sarà grato.