
09 Giu Gocce di mare: intervista a Andrea Zuccari
Bisogna sempre approfittare di chi vive il mare tutti i giorni per ottenere qualche informazione particolare: consigli tecnici, indicazioni su luoghi dove si possono effettuare incontri speciali. Ed è proprio ciò che faccio con Andrea Zuccari, recordman di apnea (detiene, tra gli altri, il record italiano nella specialità No-Limits, con -175m – ndr effettuati con una normalissima maschera, e non con tappanaso e lenti a contatto, che consentono di risparmiare aria nella compensazione), istruttore Apnea Academy e PADI, nonché titolare del FreedivingWorld, Sharm el-Sheikh, probabilmente il centro diving dedicato all’apnea più celebre al mondo.
E allora ecco qualche domanda ad Andrea per i lettori di questo blog del sommerso.
Ora, dovete sapere che Andrea Zuccari, oltre ad essere un campione di apnea, è un eccellente fotografo subacqueo professionale. E a me è capitato di vedere alcune bellissime foto di delfini da lui scattate, che hanno fatto scattare in me una sana invidia e voglia di emulare la sua esperienza. Andrea, dicci dove hai scattato queste foto, confessa…
In Mar Rosso. Sono andato a Marsa-Alam, presso un eco-village di fronte a Elphinstone-reef; di lì siamo andati in gommone a Sataia, un reef pelagico situato a svariate miglia dalla costa. E’ un reef di quasi 4 km di lunghezza; da un lato ci sono 10-12 metri di profondità; dall’altro c’è un significativo drop-off, cioè una caduta, dove molto spesso, diciamo quasi quotidianamente, è possibile trovare branchi di 30-40 delfini, generalmente stenelle. Sono stato fortunato perché, nonostante fosse gennaio (un periodo non propriamente ottimale), la visibilità era fantastica e ho potuto stare in acqua, da solo, a giocare con i delfini, fotografandoli per un’ora e mezza.
Wow. Dai, raccontaci di qualche altro incontro subacqueo “speciale” che ti è capitato in Mar Rosso, un mare capace di regalare sempre begli incontri subacquei anche nelle località più frequentate.
In acqua passo svariate ore al giorno e quindi di “incontri” nella mia vita ce ne sono stati tanti. Ricordo però in modo particolare quando incontrai per la prima volta una manta, anni fa. All’epoca ero ancora istruttore scuba e stavo facendo un allenamento in apnea a Sharm el-Sheikh, quando una manta si è avvicinata al cavo di discesa. Allora abbiamo immediatamente mollato il cavo e iniziato a nuotare insieme al grande animale, passando poi oltre quaranta minuti in acqua con la manta, nel blu, a giocare. In seguito mi è capitato ancora molte volte di incontrare le mante, ma quella è stata la prima e… devo dire che ha lasciato decisamente il segno nella mia memoria.
C’è da dire che nelle acque di fronte al tuo diving, il Freediving World, per via della fortunata collocazione e della profondità di roba se ne vede parecchia. Io stesso lì ho incontrato marlin, mante, pesci vela, Carcharinus longimanus, enormi barracuda, delfini, di tutto, insomma. So che tu di recente ti sei imbattuto in un pesce vela di proporzioni fuori dal comune, giusto?
Sì, con il fatto che lavoriamo e ci alleniamo distanti dalla parete del reef per ore e ore, riusciamo a vedere cose che i normali subacquei spesso non riescono a vedere, come ad esempio mante e squali balena. I pesci vela a Sharm non sono in effetti un incontro molto frequente, ma noi qui li vediamo abbastanza spesso. Alcuni mesi fa ne ho incontrato uno di quattro metri di lunghezza. Mi è capitato anche di vedere un grosso dolphin-fish, l’equivalente di una lampuga. In svariati anni di subacquea professionale in Mar Rosso non l’avevo mai visto, e qui mi è capitato di incontrarlo tra le nostre piattaforme, durante gli allenamenti.
Parlando allenamenti e di apnea, c’è un crescente interesse intorno al mondo del freediving. Anche da parte di un pubblico non particolarmente tecnico, persone che amano il mare, a cui piace andare sott’acqua nello stile tipico del freediving, cioè senza orpelli, con attrezzatura minimalista. Tu che gestisci un bellissimo centro specializzato, che consiglio dai a queste persone, dai più giovani ai “diversamente giovani”, per iniziare a fare apnea?
Io vorrei innanzitutto far comprendere a tutti quanti che l’apnea non è solo “andare profondo” e battere record o primati personali, uno stereotipo duro a morire. Molti pensano che se non sei un atleta “superfisicato” e non riesci a trattenere il fiato per 4-5 minuti, allora non puoi praticare l’apnea subacquea. Nulla di più sbagliato. L’apnea è anche semplicemente andare in acqua e giocare sul reef, fare tuffi a 4-5 metri, con apnee anche brevi, non importa, divertendosi a osservare gli animali e magari fare qualche fotografia. Così, diversamente da un tuffo in assetto costante a 100 metri, questa è una cosa alla portata di tutti.
Ben detto. Tra le altre cose, praticare l’apnea può aiutare chi va sott’acqua con le bombole ad essere più rilassati, respirando in modo più efficace, oltre a padroneggiare completamente la compensazione. Approfondiamo un momento, perché a prescindere da come si va sott’acqua, in apnea o con le bombole, ci possono essere difficoltà di compensazione. E quando si parla di compensazione, mi sento di dirlo, Andrea Zuccari è un conclamato guru mondiale della ricerca e della didattica in materia: Andrea, ci racconti degli enormi avanzamenti delle tecniche di compensazione fatti in anni recenti?
Tutto quanto è nato dalla necessità d’insegnare la compensazione a persone che avevano difficoltà ad impararla. Essendo io fortunato e compensando facilmente con la tecnica “hands-free”, non ho mai avuto problemi di compensazione, quindi non ho mai dovuto lavorare su me stesso da questo punto di vista. Diversamente, a livello didattico mi accorsi di avere alcune lacune, che arrivano direttamente dalle didattiche, sia di apnea che scuba, che trattavano in modo abbastanza sbrigativo la compensazione. Perché di fronte a persone con gravi problemi compensatori l’approccio in sintesi era: “Tu non riesci a compensare? Hai dei problemi? Beh, allora smetti”. Quindi ho sviluppato un programma articolato e approfondito, per capire nel dettaglio, anche grazie a collaborazioni con centri universitari di ricerca, come funziona la compensazione, quali sono gli organi coinvolti, sviluppando programmi che prendono spunto dalla logopedia per cercare far compensare tutti. Perché nella mia esperienza non esiste praticamente nessuno che non può compensare: di solito sta solo utilizzando la tecnica sbagliata. E così, dopo aver capito cosa sta facendo, si correggono gli errori con una serie di esercizi a secco che sviluppano la giusta consapevolezza motoria, risolvendo i problemi e iniziando a compensare. Tutto qui.
Grazie Andrea. Quindi, se avete problemi di compensazione, ora sapete a chi chiedere… E se intendete andare a vedere i delfini nella laguna di Saita, potete farlo con Mastro Sommerso.