
27 Gen LA RAVANATA SUBACQUEA
Alzi la mano chi non ha mai ravanato sott’acqua.
Tra gli eventi subacquei, la ravanata in immersione è seconda in probabilità solo al fare la pipì nella muta almeno una volta nella vita (in realtà quello è un limite inferiore teorico, perché, lo sapete benissimo, la maggioranza dei subacquei si divide in due: quelli che fanno pipì nella muta e quelli che dicono di non farla).
Ma torniamo all’argomento del post.
La ravanata, o “ravanage”, alla francese, è la pratica – che tende a diventare filosofia di vita – d’incasinarsi in modo naturale, infilandosi in situazioni e seguendo percorsi e processi confusi, palesemente e inutilmente ingarbugliati.
L’etimologia del termine è in realtà legata non all’ambiente subacqueo, ma a quello alpino. Risale alla nota vicenda di Monsieur De Ravaneur. Figura leggendaria, geografo francese del XIX secolo, pare abbia girovagato per larga parte dell’arco alpino, finché un sabato pomeriggio disse “Esco un attimo a comprare il tabacco” e scomparve durante una tormenta di neve. Non si ebbero più sue notizie, ma il cadavere ibernato fu ritrovato 75 anni dopo, inspiegabilmente, sul versante italiano del Monte Bianco. Furono recuperati anche i suoi scritti, perfettamente conservati a 4200 metri di quota dentro un cunicolo di neve: gli studiosi stanno ancora tentando di interpretare correttamente il suo pensiero invero confuso.
Come i più attenti di voi avranno intuito, il ravanage è uno stato della mente, una filosofia, e forse una patologia, prima che una pratica. Perciò si applica un po’ a tutti gli aspetti della vita.
In particolare, l’atto della ravanata attecchisce in modo pressoché ideale in ambito subacqueo.
Ecco alcuni esempi tratti dalla letteratura classica dell’immersione.
1 – Centrare il punto d’immersione. Ma cannare completamente la direzione della corrente. Avere così l’opportunità di effettuare tutta l’immersione contro corrente e cimentarsi in una lunga ed estenuante pinneggiata anaerobica con accompagnamento di bestemmie varie bofonchiate nell’erogatore.
2 – Attardarsi in acqua durante la sosta di sicurezza sotto la barca, essere raggiunti da [barrare il termine prescelto: Carcharhinus longimanus, manta, marlin, squalo seta, globicefalo, altro], distrarsi un attimo, in 2’ ritrovarsi a 800 metri dalla barca e impiegare un tempo t>20’ di nuoto e imprecazioni per tornare a bordo con inumana fatica, sotto lo sguardo impassibile dell’equipaggio.
3 – Mancare del tutto il punto d’immersione del [barrare il termine prescelto: relitto, secchitello, ciglio, banco pelagico, altro], ma insistere a scendere lo stesso, vagare possibilmente contro corrente su fondale di [barrare il termine prescelto: fango, posidonia, sabbia, altro] fino a rapido esaurimento della bombola, risalire nel blu e nella corrente senza avere alcuna idea della propria posizione, oltre che del senso della vita. E infine riemergere in un luogo ritenuto ex-ante improbabile, aspettando in modo miserabile il recupero da parte della barca, nell’intervallo temporale aleatorio [t+30’, t+2h].
4 – Variante della precedente tipologia di ravanata: tornare a riva a nuoto, possibilmente con vistoso moto ondoso di superficie, con le gambe piene di acido lattico, tra pianti e piantini vari e controcanto di bestemmie d’ispirazione marittima. Possibilmente nella notte. Essere poi accolti da amici e parenti allibiti, che già stavano ragionando su come dividersi le scarne proprietà del presunto de cuius.
5 – Vagare nella notte in gommone alla ricerca del punto d’immersione della notturna, infreddolirsi assai, entrare nel punto sbagliato, per lo stress far consumare 180 bar in 5’ al subacqueo meno esperto, allagare una torcia, e risalire nell’infelicità generalizzata.
6 – Essere dimenticati dalla barca del diving durante la sosta di sicurezza. Restare in fiduciosa attesa in mezzo al mare. Iniziare a provare disperazione. Passare poi all’acuta disperazione. Decidere di tornare a riva a nuoto. Chiamare un taxi e salirci sopra in muta, con l’attrezzatura nel bagagliaio.
Ingredienti pressoché fondamentali della ravanata subacquea sono la forte corrente, o almeno un bel mare formato, una guida subacquea (o un barcaiolo) la cui autostima superi di svariati ordini di magnitudo la stima effettivamente meritata e, “last but not least”, qualche soggetto con buona propensione alla crisi isterica o, ancora meglio, incline al panico e al pianto. Il risultato è assicurato.
PS Ci tengo a precisare che alcune di queste situazioni le ho vissute in prima persona. Francamente, non per colpa mia. Altre le ho osservate (allibito) in prima persona, da testimone oculare. Altre hanno visto come protagonisti cari amici subacquei del tutto affidabili. Altre ancora non le ho manco citate perché sì, sono finite bene, ma non facevano mica tanto sorridere. Manco ad anni di distanza, lette su un blog.
PPS E sì, Io l’ho messa sul ridere, perché questo è il tono del post, perché mi andava così. Ma diciamola tutta: in un attimo queste situazioni si tramutano in tragedie che finiscono tra le notizie di cronaca.
Quindi, in realtà: state alla larga dalle ravanate subacquee, guys.